Il coccodrillo di Steve Jobs
Ho scritto in 45 minuti, a braccio, il coccodrillo di Steve Jobs. È il testo che trovi strillato oggi nell’home page del portale Treccani.
In ambito giornalistico il “coccodrillo” è un servizio pubblicato all’indomani della scomparsa di una celebrità o di una personalità importante per onorarne la memoria in maniera adeguata.
Càpita – da professionista della comunicazione – di dover scrivere in fretta. Spesso un evento, come la morte del fondatore di Apple, arriva improvvisa nelle redazioni.
Mi sembrava, a memoria, di non sapere nulla della biografia di quest’uomo. Non ho fatto altro che chiudere gli occhi e immaginare il mondo intorno a me. Se la nostra vita oggi è diversa da quella del millennio precedente, è merito anche di Steve Jobs.
È grazie a un ragazzo che decise di abbandonare l’università per non fare spendere ai genitori adottivi i risparmi di tutta la loro vita. Che dormì sui pavimenti del college per seguire improbabili corsi di calligrafia. Che agli studenti di Stanford disse “siate sognatori, affamati e folli”.
Come ho scritto nel pezzo per Treccani, sebbene spesso il mondo cerchi di convincerci che le possibilità di influenzare gli eventi, di modificare la loro esistenza, di concretizzare le speranze, di creare e di crearsi una vita a propria misura – fatta di felicità e soddisfazione – siano pari a zero, la vita e il messaggio che ci lascia Steve Jobs ci fa credere di più nelle nostre forze.
Ripenseremo alle sue parole quando sosteneva che “nella vita le sconfitte sono le svolte migliori. Perché costringono a pensare in modo diverso e creativo”.
.